A cura dell’Avv. Alberto Crivelli, Partner AMTF Avvocati
Nell’ambito della ristorazione, il franchising rappresenta una formula interessante per l’imprenditore desideroso di avviare una attività nel settore poiché rappresenta un utile modello di collaborazione tra imprese. Il contratto di franchising (o “affiliazione commerciale”), prima di essere disciplinato dalla Legge 6 maggio 2004, n. 129, era qualificato come contratto atipico, trovando applicazione mediante i principi generali del diritto civile. La giurisprudenza, più volte intervenuta per definirne natura e contenuti, ha reso progressivamente evidente l’esigenza di una compiuta tipizzazione, poi attuata con l’emanazione della citata legge, che all’art. 1, comma 1, lo definisce “il contratto, comunque denominato, fra due soggetti giuridici, economicamente e giuridicamente indipendenti, in base al quale una parte concede la disponibilità all’altra, verso corrispettivo, di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti d’autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo l’affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare beni e servizi”. Prevede altresì al comma 2: “Il contratto di affiliazione commerciale può essere utilizzato in ogni settore di attività economica.” Prosegue, al comma 3, identificando nel contratto di affiliazione commerciale: “a) per know-how un patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate derivanti da esperienze e prove eseguite dall’affiliante, patrimonio che è segreto, sostanziale e individuato [..], b) per diritto di ingresso, una cifra fissa, rapportata anche al valore economico e alla capacità di sviluppo della rete, che l’affiliato versa al momento della stipula del contratto di affiliazione commerciale, c) per royalties, una percentuale che l’affiliante richiede all’affiliato commisurata al giro di affari medesimo o in quota fissa [..] e d) per beni dell’affiliante, i beni prodotti dall’affiliante o secondo le sue istruzioni e contrassegnati dal nome dell’affiliante”. Le parti del rapporto saranno, quindi, il franchisor ovvero il produttore o rivenditore di beni o offerente di servizi, e il franchisee ovvero il distributore di tali beni o servizi. Lo scopo perseguito dalle parti attraverso questa tipologia contrattuale è ben evidente: ampliare la propria rete di distribuzione, espandersi a livello commerciale e allargare la propria capacità di penetrare nel mercato. Si tratta, in definitiva, di una formula pensata per essere “win-win”, in cui il franchisee beneficia dell’avviamento, della riconoscibilità e dell’efficacia operativa di un marchio già affermato, mentre il franchisor ha l’opportunità di consolidare ed estendere la propria presenza sul territorio, accrescendo la visibilità e ottenendo ritorni economici tramite il concetto di royalties. Proprio in questa logica, e in linea con la ratio del franchising, la legge ha previsto una serie di obblighi per entrambe le parti, sia dal punto di vista formale – come la redazione scritta del contratto – sia per quanto riguarda i contenuti, stabilendo diritti, doveri e responsabilità a tutela di un rapporto equilibrato e stabile. Di conseguenza, è imprescindibile che il franchisor abbia sperimentato la propria formula commerciale all’interno del mercato. Deve altresì indicare l’ammontare degli investimenti a carico del franchisee e le spese di ingresso nell’attività, modalità di calcolo e pagamento delle royalties, l’indicazione dell’ambito territoriale entro il quale il franchisee può esercitare la propria attività, la indicazione specifica del know-how fornito dal franchisor, le caratteristiche dei servizi offerti nonché le condizioni di rinnovo, risoluzione o eventuale cessione.
Venendo invece agli obblighi che il franchisor e il franchisee sono tenuti ad osservare, basti partire rispettivamente dagli articoli 4 e 5 della L. 129/2004. Il franchisor deve, ai sensi dell’art. 4, consegnare al franchisee – almeno 30 giorni prima che il contratto venga sottoscritto – una copia completa corredata da una serie di allegati quali: i) dati relativi al franchisor (ragione e capitale sociale) nonché copia del bilancio degli ultimi tre anni in caso di apposita richiesta del franchisee, indicazione dei marchi utilizzati nel sistema, specificando se sono registrati o depositati, se è titolare o licenziatario, oppure fornendo documentazione che ne dimostri l’uso concreto, descrizione degli elementi identificativi dell’attività, identificazione dei franchisee che operano nei punti vendita diretti del franchisor nonché la indicazione della variazione del loro numero, anno per anno, con la loro relativa ubicazione. Quanto agli obblighi del franchisee l’art. 5 impone un duplice obbligo: obbligo di immutabilità della sede senza il previo consenso del franchisor, salvo i casi di forza maggiore e obbligo di riservatezza, da far osservare anche ai collaboratori del franchisor anche dopo lo scioglimento del contratto, del contenuto dell’attività che forma l’oggetto dell’affiliazione commerciale. Sia durante la vigenza del contratto che durante la fase precontrattuale, il franchisor e il franchisee devono osservare degli obblighi comportamentali che si ispirano ai principi di lealtà, correttezza e buona fede. Quanto al franchisor, la correttezza e la buona fede deve ispirarlo nel fornire al franchisee tutte le informazioni utili per la stipulazione del contratto, salvo che non siano riservate o tutelate da diritti di terzi. In caso di rifiuto, è tenuto a fornire motivazione adeguata. Il franchisee, a sua volta, deve comunicare ogni informazione necessaria o opportuna ai fini della stipulazione del contratto, anche se non espressamente richiesta dal franchisor.
Da questa impostazione si comprende il grande successo che il franchising ha riscosso proprio nel settore della ristorazione, in particolare nell’ambito dei fast food. Si tratta, infatti, di una formula contrattuale flessibile, che da un lato consente all’affiliato di entrare in un’attività già avviata e riconosciuta sul mercato, riducendo i rischi d’impresa; dall’altro lato, permette al franchisor di trasferire il proprio know-how, espandere il marchio e trarne un ritorno economico, il tutto mantenendo il controllo su standard e qualità, così da non compromettere l’immagine del brand.
