Il caso Nvidia-Valeo riaccende l’attenzione sui segreti industriali nell’era dell’AI. Una fuga di codice attribuita a un ex dipendente solleva responsabilità aziendali, interrogando su tutela preventiva, gestione del personale in mobilità e misure tecniche, legali e organizzative per il know-how
A cura di Ilaria Gargiulo, Partner e Camilla Pasino, AMTF Avvocati
La tutela dei segreti industriali emerge come tema centrale nell’era dell’AI: il caso Nvidia-Valeo mostra come una singola disattenzione possa generare rischi legali e competitivi, ribadendo l’urgenza di misure tecniche, organizzative e contrattuali coerenti con il quadro normativo.
Il caso Nvidia-Valeo
Un caso emerso nelle scorse settimane, incentrato sulla presunta sottrazione di decine di migliaia di documenti tecnici riservati a Nvidia da parte di un ex ingegnere di Valeo, società specializzata nella produzione di sensori di parcheggio per auto, e sulla successiva divulgazione accidentale durante una videochiamata con ex colleghi di Valeo, ha acceso un riflettore importante sulla vulnerabilità del know-how industriale.
Valeo sostiene che tale sottrazione delle sue informazioni riservate e il relativo utilizzo da parte dell’ingegnere nell’ambito del lavoro svolto successivamente presso Nvidia abbiano permesso a quest’ultima di trarre un vantaggio competitivo illegittimo, ottenendo un contratto con Mercedes-Benz e risparmiando milioni in ricerca.
Il caso, già oggetto di un procedimento in Germania, è ora approdato in giudizio negli Stati Uniti, dove il tribunale ha chiesto a una giuria di stabilire se i segreti sottratti siano stati effettivamente utilizzati nei prodotti di Nvidia e, quindi, se le prove di Valeo in tal senso sono sufficienti.
La questione offre spunti di riflessione sulla necessità di valorizzare e proteggere correttamente il sapere industriale ma anche sul rischio che il cambio di impiego del personale porti con sé non solo il patrimonio di conoscenze strategiche che i dipendenti e collaboratori naturalmente interiorizzano nel corso dello svolgimento delle proprie attività presso un’azienda e a cui non si può chiedere di rinunciare (ma al massimo e in qualche misura disapplicare, non potendole “disimparare”), ma anche i dati e i supporti veri e propri in cui le informazioni riservate sono contenute.
La dinamica della sottrazione e la videochiamata rivelatrice
La decisione assunta il 28 agosto da un giudice federale in California rappresenta un passaggio chiave in una delle controversie legali più delicate per il colosso dei semiconduttori Nvidia Corporation.
La società americana, leader mondiale nelle GPU e oggi protagonista dell’ecosistema dell’intelligenza artificiale, è accusata dalla società Valeo Schalter und Sensoren GmbH, chapter tedesco della multinazionale francese Valeo, di aver beneficiato in modo illecito dell’uso di segreti commerciali sottratti da un ex dipendente di Valeo, successivamente assunto da Nvidia a seguito di una collaborazione tra le due società sul comune cliente Mercedes-Benz.
Il casus belli è stato una videochiamata tra il neo-dipendente Nvidia e i suoi ex colleghi di Valeo, durante la quale l’ingegnere aveva per errore condiviso il proprio schermo, mostrando un file di codice sorgente, corredato dal percorso “ValeoDocs”, chiaramente identificabile come appartenente all’ex-datore di lavoro.
Secondo Valeo, nel passaggio l’ingegnere avrebbe trasferito con sé documenti e codici sorgente non generalmente noti e di proprietà di Valeo, che sarebbero stati utilizzati nello sviluppo software di Nvidia. Un comportamento che, se accertato, configurerebbe una grave violazione della normativa americana in materia di trade secrets, così come in quella italiana.
La strategia difensiva di Nvidia e la decisione del giudice
Nvidia aveva presentato una mozione di giudizio sommario, chiedendo alla corte di archiviare le accuse prima del dibattimento vero e proprio. La strategia difensiva poggiava su tre pilastri: il carattere “personale” delle condotte dell’ingegnere, la mancanza di prove di un effettivo sfruttamento dei file sottratti e, infine, l’intervento correttivo dell’azienda che avrebbe in seguito “ripulito” il software da qualsiasi possibile contaminazione.
Il giudice ha però in parte respinto questa linea, stabilendo che esistono elementi probatori sufficienti per fondare le richieste di Valeo, ma sarà compito di una giuria pronunciarsi in ordine all’effettiva incorporazione delle informazioni riservate nei prodotti di Nvidia. In particolare, hanno avuto un peso significativo le circostanze documentate: la presenza di file di Valeo sul laptop del dipendente, nonché di materiali riservati affissi alle pareti del suo ufficio presso Nvidia. Indizi che, pur non costituendo una prova diretta, bastano a sostenere l’accusa e a rimandare la decisione finale alla valutazione dei giurati.
L’uso dei segreti e la responsabilità aziendale
Un passaggio importante della decisione del giudice (preliminare rispetto a quella futura della giuria) riguarda il fatto che Nvidia sostiene di aver eliminato le informazioni proprietarie di Valeo dal proprio codice sorgente sviluppato dal dipendente infedele. Tuttavia, se da un lato Valeo sostiene che tale eliminazione non sia stata completa, dall’altro, secondo il giudice, il fatto che le modifiche siano state successivamente eliminate non esclude che ci sia stato un uso iniziale dei segreti industriali, di cui Nvidia potrebbe essersi avvantaggiata. Allo stesso modo, l’argomento secondo cui le azioni del dipendente fossero del tutto personali non convince il giudice: anche se non autorizzata formalmente, la condotta può comunque generare responsabilità dell’azienda se l’impresa ne ha tratto un vantaggio, diretto o indiretto.
Questa impostazione mette in rilievo un principio cruciale per le aziende tecnologiche: difficilmente si riesce a scaricare la responsabilità per violazione di segreti commerciali unicamente sul singolo lavoratore, soprattutto quando l’attività contestata si inserisce, anche solo parzialmente, nei processi di sviluppo e innovazione del datore di lavoro. Infatti, il tribunale tedesco ha stabilito la responsabilità dell’ingegnere per sottrazione illecita di segreti industriali nel settembre 2023, ma, parallelamente, Valeo ha avviato una causa contro Nvidia negli Stati Uniti, sostenendo che l’azienda ha indirettamente beneficiato delle informazioni sottratte – accusa che Nvidia respinge, affermando che l’errore è stato esclusivamente personale e che l’azienda ha agito prontamente rimuovendo il materiale e licenziando il dipendente.
Le implicazioni future e la posta in gioco
La decisione non chiude dunque la vicenda, ma anzi la rilancia. Nei prossimi mesi il processo stabilirà se Nvidia dovrà risarcire Valeo per utilizzo illecito di segreti commerciali. In gioco non ci sono solo potenziali danni economici rilevanti, ma anche la reputazione di un’azienda che da tempo ricopre un ruolo cruciale nell’innovazione digitale.
Il contesto normativo italiano
Anche nel nostro ordinamento, il know-how non brevettato – commerciale o industriale – rappresenta un insieme di conoscenze, competenze, processi aziendali e tecniche non accessibili a terzi in quanto segreti, e per questo economicamente vantaggiose per il relativo proprietario. La disciplina italiana dei segreti industriali e del know-how rappresenta un ambito giuridico di crescente rilevanza, particolarmente nel settore tecnologico e della ricerca e sviluppo, in cui la protezione delle informazioni riservate costituisce spesso un vantaggio competitivo decisivo per le imprese innovative.
Fonti e rafforzamenti normativi
Il sistema italiano di tutela dei segreti industriali trova il suo fondamento principale nel codice della proprietà industriale, che agli articoli 98 e 99 disciplina organicamente la materia. Questa normativa è stata significativamente rafforzata dal decreto legislativo 11 maggio 2018, n. 63, che ha recepito la Direttiva europea 2016/943 sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate.
I tre requisiti dell’articolo 98
L’articolo 98 c.p.i. definisce con precisione l’oggetto della tutela, stabilendo che costituiscono segreti commerciali “le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore”. La norma richiede la sussistenza cumulativa di tre requisiti fondamentali: la segretezza, intesa come non accessibilità generale delle informazioni agli esperti del settore nella loro precisa configurazione; il valore economico derivante dalla segretezza; l’adozione di misure ragionevolmente adeguate per mantenerle segrete.
Divieti e responsabilità dell’articolo 99
L’articolo 99 del c.p.i., poi, riconosce al legittimo detentore dei segreti commerciali il diritto di vietare ai terzi di acquisire, rivelare o utilizzare in modo abusivo tali segreti. Rilevante, rispetto al caso di specie, è che la norma prevede anche la responsabilità di chi, pur non avendo direttamente sottratto le informazioni, le utilizza sapendo o dovendo sapere della loro origine illecita.
La segretezza nella giurisprudenza
La giurisprudenza ha chiarito che il requisito della segretezza non implica una totale inaccessibilità dell’informazione, ma richiede che il complesso di conoscenze di derivazione empirica attinenti all’attività produttiva e commerciale dell’impresa sia difficilmente conoscibile e non generalmente noto o facilmente accessibile agli esperti del settore. La segretezza può quindi coincidere con la novità, concetto valorizzato anche rispetto ad altre privative industriali (in tal senso, si veda Tribunale di Brescia, n. 648/2025).
Valore economico e misure organizzative
Il valore economico deve intendersi nel senso che, grazie alla segretezza, l’impresa detentrice delle informazioni viene a trovarsi in una posizione privilegiata rispetto alle imprese concorrenti che non le possiedono, potendo sfruttare tale vantaggio in termini economici per mantenere o aumentare la propria quota di mercato.
Le misure di protezione possono essere realizzate mediante protezione fisica, attraverso sistemi che impediscano l’accesso a terzi, o mediante diverse forme di protezione giuridica (di cui si dirà meglio in seguito), come l’informativa sul carattere riservato attraverso clausole specifiche nei contratti, accordi di riservatezza o protocolli interni.
Il know-how nel settore tecnologico
Nel settore tecnologico e di ricerca e sviluppo, il know-how assume particolare rilevanza poiché comprende non soltanto i disegni tecnici degli impianti di produzione, ma anche valutazioni per modifiche impiantistiche, documenti interni di natura gestionale, strategie di produzione, analisi di redditività, ricette e metodi di analisi. In giurisprudenza si valutano solitamente tali informazioni come aventi valore economico significativo in quanto frutto di elaborazioni effettuate negli anni con dedicazione di tempo e risorse umane ed economiche.
Contesto delle nuove tecnologie e impatti dell’AI
L’articolo 124 c.p.i. prevede un ampio ventaglio di misure correttive esperibili in sede giudiziale e sanzioni civili, dall’inibitoria alla distruzione delle cose costituenti violazione, fino all’assegnazione in proprietà al titolare del diritto. La norma stabilisce criteri specifici per valutare la proporzionalità delle misure nei procedimenti relativi ai segreti commerciali, considerando il valore delle informazioni, le misure di protezione adottate, la condotta dell’autore della violazione e l’impatto sui legittimi interessi delle parti e dei terzi.
Riservatezza nel processo
Il sistema processuale prevede anche specifiche tutele per garantire la riservatezza durante i procedimenti giudiziari. L’articolo 121-ter c.p.i. disciplina la tutela della riservatezza dei segreti commerciali nel corso dei procedimenti, consentendo al giudice di vietare l’utilizzo o la rivelazione delle informazioni segrete a tutti i soggetti che hanno accesso agli atti processuali.
Le misure preventive e la formazione del personale
Premesso quanto sopra, è opportuno rimarcare l’importanza delle misure da adottarsi per preservare i propri segreti commerciali, non solo per cercare di prevenire le disclosure indesiderate, ma anche perché, come detto, la tutelabilità (anche in giudizio) e il valore economico dei segreti risiedono appunto nella loro segretezza.
Azioni raccomandate
Tra le azioni raccomandate vi sono:
audit e policy interne: definire chi può avere accesso, con quali limiti e modalità;
sicurezza digitale: crittografia, autenticazione, gestione accessi;
formazione del personale: per sensibilizzare sul valore dei dati interni e richiedere di implementare determinati accorgimenti nel maneggiarli (per esempio chiudere i documenti riservati prima di iniziare una videochiamata che non li riguarda, come insegna il caso Valeo vs Nvidia);
clausole contrattuali (anche nei contratti con dipendenti, fornitori esterni e collaboratori) e NDA.
AI e rischio di fuga dati
Le nuove tecnologie – in particolare l’intelligenza artificiale – accrescono la vulnerabilità del know-how, in quanto quest’ultimo e altri segreti commerciali possono essere inseriti in tool di AI come prompt/input per ottenere un output, ma ciò fa sì che tali dati vengano salvati sui server del tool e utilizzati per addestrare quest’ultimo, per poi essere forniti anche a terzi sottoforma di output.
Scelte dei tool e formazione
Pertanto, è bene formare il personale su tali dinamiche e cercare di scegliere tool (per esempio attraverso un’analisi delle relative condizioni contrattuali e d’abbonamento) che offrano determinate garanzie in merito all’uso che faranno dei dati inseriti come input.
Lezioni operative dal caso
La vicenda legata alle aziende Valeo e Nvidia mette in luce quanto sia delicata e strategica la gestione del know-how e delle informazioni confidenziali in genere in contesti aziendali altamente tecnologici. Il rischio, infatti, non è solo legato all’atto intenzionale di divulgazione: anche un falso click, una videoconferenza sbagliata (come s’è visto nel caso in esame) o una distrazione possono compromettere competitività e reputazione. D’altronde, sempre nel corso di una videochiamata e con le stesse modalità del caso in esame, si potrebbero divulgare a un competitor informazioni riservate della propria azienda, non solo involontariamente ammettere di averne sottratte dal competitor.
Mobilità dei talenti e bilanciamento degli interessi
La causa evidenzia inoltre una questione tanto annosa quanto sempre più attuale nel settore tecnologico: la mobilità dei talenti, elemento vitale per l’innovazione, rischia di trasformarsi in un veicolo di trasferimento illecito di know-how, facendo sorgere esigenze di bilanciamento di interessi non facili da soddisfare. È un tema che tocca da vicino non solo le multinazionali americane ed europee, ma anche l’ecosistema delle start-up, spesso basato sulla rapidità di sviluppo e sulla capacità di attrarre professionisti provenienti da competitor.
Il caso Nvidia-Valeo può dunque diventare un precedente significativo: da un lato, mette in guardia le imprese sulla necessità di programmi di compliance rigorosi e procedure di onboarding che minimizzino i rischi di “contaminazione” dei progetti; dall’altro, sollecita una riflessione più ampia sul bilanciamento tra tutela dei segreti industriali e circolazione delle competenze in un settore ad altissimo dinamismo. D’altra parte, come si è detto, l’italiano articolo 99 del codice della proprietà industriale prevede anche la responsabilità di chi, pur non avendo direttamente sottratto le informazioni, le utilizza sapendo o dovendo/potendo sapere della loro origine illecita.
Per le aziende italiane – soprattutto quelle attive nel digitale e nell’innovazione – è tempo di rafforzare la cultura del segreto industriale, equiparando il know-how al brevetto, ma con la flessibilità del suo carattere riservato.
Fonte: Agenda Digitale
